Teatro

Arturo Cirillo al Teatro Menotti con 'Lo zoo di vetro'

Arturo Cirillo al Teatro Menotti con 'Lo zoo di vetro'

Dopo il successo della stagione scorsa ritorna "Lo Zoo di Vetro" che con le repliche milanesi chiude la tournée 2015.

Dal 9 al 19 aprile al Teatro Menotti di Milano è in scena Arturo Cirillo, regista e interprete di “Lo zoo di vetro”, capolavoro del teatro americano novecentesco scritto nel 1944 da Tennessee Williams. Il dramma, sullo sfondo della recessione economica, svela personaggi reali e meccanismi familiari attuali nell'America degli anni Trenta come nell'Italia dei nostri giorni raccontando le vicissitudini della famiglia Wingfield. L'intreccio è piuttosto semplice, quasi banale. Una famiglia vive il dramma dell'abbandono e della solitudine, chiusa in sé, un piccolo zoo in cui tutti temono la lontananza ma sognano la fuga. Un  gruppo di  vinti ridisegnato dalla memoria del suo più giovane componente, Tom (Arturo Cirillo) ragazzo poeta in cerca di avventure e piaceri. I ricordi prendono forma nella figura di una madre infantile e possessiva (Milvia Marigliano), nella claudicante e timida sorella Laura (Monica Piseddu) e in un amico d'infanzia di nome Jim (Edoardo Ribatto). Il persistere della memoria e la sua potente messa in scena si accompagna ad un costante senso di rimpianto per il passato. 

Nelle note di regia l'artista stabiese scrive: “Lo zoo di vetro di Williams rappresenta l’inganno dell’immaginario, non é casuale la grande importanza, data dall’autore, all’atto del proiettare. Il riflettore teatrale che il narratore/figlio punta sui personaggi, i molteplici film nei cinema dove si rifugia Tom per sfuggire alla realtà,, e anche gli stessi animaletti di vetro che compongono lo zoo del titolo sono l’emblema della fragilità' e della finzione: sono essenze quasi prossime all’assenza, non a caso trasparenti. Immagino dunque un luogo abitato da pochi elementi molto concreti ma immersi in una luce non realistica, quasi pittorica, dove la vicenda venga narrata senza divisioni in quadri, ma in un unico luogo, come se ci trovassimo all’interno di un album di famiglia troppe volte sfogliato”.